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Per Willy Monteiro Duarte, giustizia

Chi è, o chi sono i colpevoli?

Se lo chiedono in tanti: giovani, anziani, autorità, legali, gente comune; se lo chiede soprattutto la sua famiglia.

Willy Monteiro Duarte, ucciso una notte di settembre, fuori un locale notturno a Colleferro, città laziale, a sud di Roma.

Quali le responsabilità personali, quali le penali, quali il contesto sociale in seno al quale è scattato il colpo fatale? Si può uccidere con un’arma umana: i piedi e le mani? E’ così che è stato assassinato; Willy non c’è più.

Chi sono i colpevoli, autori di un atto così efferato?

Le indagini condotte dalla Procura del Tribunale di Velletri analizzano testimonianze utili a risalire ai colpevoli, che sono passati dalla violenza verbale a quella fisica.

Da quanto sembra emergere Willy è entrato nel contesto di una rissa, a cui era estraneo, solamente per difendere e portare aiuto ad un suo amico, preso di mira da due giovani, a cui si sarebbero aggiunti altri due giovani, chiamati per dare manforte. L’amico è salvo; Willy è morto per difendere la sua vita. In molti si chiedono se la vita è “culto del gesto”.

L’esame autoptico sottolinea la causa della morte di Willy: “per colpi assestati e non casuali”.

Willy aveva 21 anni; studente diplomato presso l’Istituto alberghiero di Fiuggi, lavoratore entusiasta del suo lavoro, con il sogno di raggiungere il traguardo di “chef”. Sportivo, giocava nella squadra di calcio di Paliano.

Le domande per capire tanta violenza si rincorrono: esiste degrado sociale in parte del territorio della Provincia? È corretto l’allenamento nelle palestre dove si praticano le “arti marziali”?

I presunti assalitori, infatti, soprattutto due dei quattro indagati, praticano le arti marziali nella palestra sita a Lariano, città a sud di Roma, vicino a Colleferro, Artena, Paliano.

Uno dei quattro indagati, accorso con il fratello in forza degli altri due assalitori, è considerato “un idolo” nel campo delle “arti marziali” tanto che le sue foto erano esposte nella palestra.

Fare quel tipo di sport, certamente, non vuol dire esternare “crudeltà”; necessita: autocontrollo, intelligenza, tecnica, conoscenza e responsabilità; l’onore nel combattimento è la regola base.

E allora cosa è scattato in chi ha assalito Willy?

Willy era un ragazzo, descritto dagli amici, dagli insegnanti, dalla famiglia con un carattere forte, responsabile; ottimo studente, buon lavoratore, mai vittima di collera.

Voleva solo aiutare un amico. Qualche voce ha puntato l’attenzione sulle origini della famiglia di Willy, trasferita in Italia con origine capoverdiana.

Cosa c’entra il colore della pelle? E la globalizzazione? E ancora, i cittadini del mondo divisi per colore?

La rabbia, la violenza, la crudeltà sono sentimenti che oggi non dovrebbero più sussistere; la morte indotta, poi! Viviamo un periodo di dolore e di ansia. Quanti i morti vittime del coronavirus? Ce li siamo già dimenticati? La violenza è un mezzo distorto per affermare un’esistenza di vita che vede erroneamente protagonisti se stessi; nasce da un sentimento subdolo che viene nascosto, camuffato e che esplode improvvisamente. Non c’entrano le palestre con attiviChi è, o chi sono i colpevoli?

Se lo chiedono in tanti: giovani, anziani, autorità, legali, gente comune; se lo chiede soprattutto la sua famiglia.

Willy Monteiro Duarte, ucciso una notte di settembre, fuori un locale notturno a Colleferro, città laziale, a sud di Roma.

Quali le responsabilità personali, quali le penali, quali il contesto sociale in seno al quale è scattato il colpo fatale? Si può uccidere con un’arma umana: i piedi e le mani? E’ così che è stato assassinato; Willy non c’è più.

Chi sono i colpevoli, autori di un atto così efferato?

Le indagini condotte dalla Procura del Tribunale di Velletri analizzano testimonianze utili a risalire ai colpevoli, che sono passati dalla violenza verbale a quella fisica.

Da quanto sembra emergere Willy è entrato nel contesto di una rissa, a cui era estraneo, solamente per difendere e portare aiuto ad un suo amico, preso di mira da due giovani, a cui si sarebbero aggiunti altri due giovani, chiamati per dare manforte. L’amico è salvo; Willy è morto per difendere la sua vita. In molti si chiedono se la vita è “culto del gesto”.

L’esame autoptico sottolinea la causa della morte di Willy: “per colpi assestati e non casuali”.

Willy aveva 21 anni; studente diplomato presso l’Istituto alberghiero di Fiuggi, lavoratore entusiasta del suo lavoro, con il sogno di raggiungere il traguardo di “chef”. Sportivo, giocava nella squadra di calcio di Paliano.

Le domande per capire tanta violenza si rincorrono: esiste degrado sociale in parte del territorio della Provincia? È corretto l’allenamento nelle palestre dove si praticano le “arti marziali”?

I presunti assalitori, infatti, soprattutto due dei quattro indagati, praticano le arti marziali nella palestra sita a Lariano, città a sud di Roma, vicino a Colleferro, Artena, Paliano.

Uno dei quattro indagati, accorso con il fratello in forza degli altri due assalitori, è considerato “un idolo” nel campo delle “arti marziali” tanto che le sue foto erano esposte nella palestra.

Fare quel tipo di sport, certamente, non vuol dire esternare “crudeltà”; necessita: autocontrollo, intelligenza, tecnica, conoscenza e responsabilità; l’onore nel combattimento è la regola base.

E allora cosa è scattato in chi ha assalito Willy?

Willy era un ragazzo, descritto dagli amici, dagli insegnanti, dalla famiglia con un carattere forte, responsabile; ottimo studente, buon lavoratore, mai vittima di collera.

Voleva solo aiutare un amico. Qualche voce ha puntato l’attenzione sulle origini della famiglia di Willy, trasferita in Italia con origine capoverdiana.

Cosa c’entra il colore della pelle? E la globalizzazione? E ancora, i cittadini del mondo divisi per colore?

La rabbia, la violenza, la crudeltà sono sentimenti che oggi non dovrebbero più sussistere; la morte indotta, poi! Viviamo un periodo di dolore e di ansia. Quanti i morti vittime del coronavirus? Ce li siamo già dimenticati? La violenza è un mezzo distorto per affermare un’esistenza di vita che vede erroneamente protagonisti se stessi; nasce da un sentimento subdolo che viene nascosto, camuffato e che esplode improvvisamente. Non c’entrano le palestre con attività “MMA” dove si pratica una disciplina sportiva senza esclusione di colpi ma assolutamente mantenendo un forte controllo personale, senza arrivare alla violenza estrema e soprattutto non provocando morte, gestendo la propria forza nel rispetto di sé stessi e dell’altro.

Come in palestra, così fuori! Ogni uomo aiuti l’uomo verso la pace. Lo dimostrano le fiaccolate in memoria e in ricordo di Willy; centinaia di fiammelle di speranza per un mondo futuro sano e migliore; un mondo dove indifferenza e bullismo devono essere banditi dalla vita dell’uomo.

Emanuela Dell’Alità “MMA” dove si pratica una disciplina sportiva senza esclusione di colpi ma assolutamente mantenendo un forte controllo personale, senza arrivare alla violenza estrema e soprattutto non provocando morte, gestendo la propria forza nel rispetto di sé stessi e dell’altro.

Come in palestra, così fuori! Ogni uomo aiuti l’uomo verso la pace. Lo dimostrano le fiaccolate in memoria e in ricordo di Willy; centinaia di fiammelle di speranza per un mondo futuro sano e migliore; un mondo dove indifferenza e bullismo devono essere banditi dalla vita dell’uomo.

Emanuela Dell’Ali, o chi sono i colpevoli?

Se lo chiedono in tanti: giovani, anziani, autorità, legali, gente comune; se lo chiede soprattutto la sua famiglia.

Willy Monteiro Duarte, ucciso una notte di settembre, fuori un locale notturno a Colleferro, città laziale, a sud di Roma.

Quali le responsabilità personali, quali le penali, quali il contesto sociale in seno al quale è scattato il colpo fatale? Si può uccidere con un’arma umana: i piedi e le mani? E’ così che è stato assassinato; Willy non c’è più.

Chi sono i colpevoli, autori di un atto così efferato?

Le indagini condotte dalla Procura del Tribunale di Velletri analizzano testimonianze utili a risalire ai colpevoli, che sono passati dalla violenza verbale a quella fisica.

Da quanto sembra emergere Willy è entrato nel contesto di una rissa, a cui era estraneo, solamente per difendere e portare aiuto ad un suo amico, preso di mira da due giovani, a cui si sarebbero aggiunti altri due giovani, chiamati per dare manforte. L’amico è salvo; Willy è morto per difendere la sua vita. In molti si chiedono se la vita è “culto del gesto”.

L’esame autoptico sottolinea la causa della morte di Willy: “per colpi assestati e non casuali”.

Willy aveva 21 anni; studente diplomato presso l’Istituto alberghiero di Fiuggi, lavoratore entusiasta del suo lavoro, con il sogno di raggiungere il traguardo di “chef”. Sportivo, giocava nella squadra di calcio di Paliano.

Le domande per capire tanta violenza si rincorrono: esiste degrado sociale in parte del territorio della Provincia? È corretto l’allenamento nelle palestre dove si praticano le “arti marziali”?

I presunti assalitori, infatti, soprattutto due dei quattro indagati, praticano le arti marziali nella palestra sita a Lariano, città a sud di Roma, vicino a Colleferro, Artena, Paliano.

Uno dei quattro indagati, accorso con il fratello in forza degli altri due assalitori, è considerato “un idolo” nel campo delle “arti marziali” tanto che le sue foto erano esposte nella palestra.

Fare quel tipo di sport, certamente, non vuol dire esternare “crudeltà”; necessita: autocontrollo, intelligenza, tecnica, conoscenza e responsabilità; l’onore nel combattimento è la regola base.

E allora cosa è scattato in chi ha assalito Willy?

Willy era un ragazzo, descritto dagli amici, dagli insegnanti, dalla famiglia con un carattere forte, responsabile; ottimo studente, buon lavoratore, mai vittima di collera.

Voleva solo aiutare un amico. Qualche voce ha puntato l’attenzione sulle origini della famiglia di Willy, trasferita in Italia con origine capoverdiana.

Cosa c’entra il colore della pelle? E la globalizzazione? E ancora, i cittadini del mondo divisi per colore?

La rabbia, la violenza, la crudeltà sono sentimenti che oggi non dovrebbero più sussistere; la morte indotta, poi! Viviamo un periodo di dolore e di ansia. Quanti i morti vittime del coronavirus? Ce li siamo già dimenticati? La violenza è un mezzo distorto per affermare un’esistenza di vita che vede erroneamente protagonisti se stessi; nasce da un sentimento subdolo che viene nascosto, camuffato e che esplode improvvisamente. Non c’entrano le palestre con attività “MMA” dove si pratica una disciplina sportiva senza esclusione di colpi ma assolutamente mantenendo un forte controllo personale, senza arrivare alla violenza estrema e soprattutto non provocando morte, gestendo la propria forza nel rispetto di sé stessi e dell’altro.

Come in palestra, così fuori! Ogni uomo aiuti l’uomo verso la pace. Lo dimostrano le fiaccolate in memoria e in ricordo di Willy; centinaia di fiammelle di speranza per un mondo futuro sano e migliore; un mondo dove indifferenza e bullismo devono essere banditi dalla vita dell’uomo.

Velletri, 22 settembre 2020

di Emanuela Dell’Ali

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